Salute a rischio: il 31% dei poveri spende tutto in farmaci, anche i non poveri faticano a curarsi

Conquiste del Lavoro – Anno 2024 – 14 Settembre
Come riportato dall’Osservatorio sulla povertà sanitaria di Banco farmaceutico il 31% delle persone in povertà in Italia destina quasi tutto il proprio budget sanitario ai farmaci, e anche il 15% degli italiani non poveri fatica a coprire i costi delle cure. Questa situazione riflette un crescente divario economico e l’effetto di anni di tagli al sistema sanitario, posizionando l’Italia in una situazione critica in Europa, superando solo Grecia e Portogallo. Il SSN è da tempo sottofinanziato e disorganizzato, una crisi che si è ulteriormente aggravata con l’aumento della povertà. La pandemia ha amplificato queste problematiche, ma le radici di questa crisi sono ben più profonde e risalgono a molti anni prima. Non si tratta, tuttavia, di una questione unicamente italiana: anche altri Paesi europei affrontano problemi simili. Tuttavia, è evidente che l’Italia ha bisogno di un cambiamento significativo. Se molti invocano una riforma del sistema sanitario, l’urgenza non è solo di tipo riformistico, ma richiede una vera e propria rifondazione. Il problema non è solamente economico, ma culturale. Manca, infatti, la consapevolezza generale dell’importanza di una nuova visione della sanità e del benessere. La salute non può essere ridotta al conflitto tra pubblico e privato, ma richiede un approccio comunitario, come suggerito dall’OMS, in cui altri fattori come stili di vita, lavoro, ambiente e struttura sociale giocano un ruolo cruciale. La famiglia, in questo quadro, rappresenta il ‘primo medico’. La crisi del sistema sanitario italiano ha le sue radici nella trasformazione delle USL in ASL nel 1992-93, che ha portato a un’organizzazione sanitaria più rigida e orientata all’efficienza economica. Questo modello ha mostrato i suoi limiti durante la pandemia, evidenziando la necessità di una ‘sanità plurale’ che coinvolga pubblico, privato e società civile in sinergia. Una recente sentenza della Corte Costituzionale ha stabilito che, nell’amministrazione condivisa, la programmazione deve precedere la co-progettazione, garantendo così un sistema più equo ed efficiente. La tutela della salute è un diritto e un dovere collettivo, e il volontariato gioca un ruolo chiave in Italia, coinvolgendo 6 milioni di persone e rappresentando la quarta economia del Paese. Con oltre 12.000 associazioni, di cui 4.000 attive nella sanità solidale, il volontariato assiste le fasce più deboli della popolazione, come accade a Milano, dove vengono supportate 60.000 persone ogni anno. Il volontariato va quindi riconosciuto come parte integrante del SSN. È indispensabile ripensare il sistema sanitario italiano non solo sotto il profilo economico e strutturale, ma anche culturale. È necessario un nuovo modello che valorizzi il ruolo della società civile, integri risorse pubbliche e private e adotti un approccio comunitario, in cui prevenzione e cura siano beni collettivi e universali. Solo così si potrà garantire il diritto alla salute per tutti, in particolare per le persone più vulnerabili.