Medici in fuga: sfida e soluzioni per il SSN italiano

Conquiste del Lavoro – Anno 2024 – 30 Marzo
La fuga dei medici dall’Italia rappresenta una sfida significativa per il SSN, soprattutto considerando la carenza di personale che si è acuita durante la pandemia e che ora si manifesta in modo ancora più evidente. Il tentativo di incentivare il ritorno di questi professionisti mediante sconti fiscali rappresenta un’azione concreta, tuttavia, è importante analizzare le cause profonde di questa emigrazione e adottare misure a lungo termine per affrontare il problema in modo più efficace. L’esodo dei medici è principalmente guidato dalle migliori condizioni di lavoro e stipendi più alti che possono trovare all’estero. Secondo i dati forniti dalla Fnomceo, si stima che tra il 2019 e il 2023 quasi 39.000 medici abbiano lasciato l’Italia, con una significativa crescita negli ultimi anni. L’attrattiva dei salari maggiori in paesi come il Lussemburgo, l’Islanda e l’Olanda, unita a un carico lavorativo spesso eccessivo e a una scarsa qualità della vita personale, ha spinto molti professionisti a cercare opportunità altrove. Secondo invece Anaao Assomed in un suo recente sondaggio, si rivela una realtà ancora più allarmante: la stragrande maggioranza dei medici intervistati lamenta un carico lavorativo eccessivo e una vita personale insoddisfacente. La mancanza di sostituzioni per le gravidanze, la difficoltà nell’utilizzare ferie e ore di aggiornamento, e la carenza di posti letto ospedalieri sono solo alcune delle sfide che i medici affrontano quotidianamente. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, sta studiando assieme ai suoi tecnici una strategia ambiziosa per incentivare il ritorno dei medici emigrati all’estero verso l’Italia, nonostante gli stipendi più bassi rispetto alla media europea. L’idea consisterebbe nel replicare un sistema di sconti fiscali già in atto per docenti e ricercatori, estendendolo ai professionisti sanitari. Uno sconto fiscale fino al 90% sulle tasse, nel periodo d’imposta in cui la residenza viene trasferita e nei successivi cinque anni. In pratica, solo il 10% degli emolumenti percepiti concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo durante questo periodo. Affrontare questa situazione richiede però interventi su più fronti. In primo luogo, è essenziale differenziare le retribuzioni in base alle specializzazioni e adeguarle alla media europea per rendere la professione medica più competitiva e attrattiva. Inoltre, è fondamentale ridurre i carichi di lavoro e rispettare gli orari, garantendo anche maggiori opportunità di crescita professionale e sostituendo adeguatamente le assenze per maternità. Parallelamente, è necessario investire nella riorganizzazione dei servizi sanitari, migliorando i percorsi assistenziali ospedale- territorio e aumentando il numero di posti letto ospedalieri. Solo attraverso un approccio integrato e sistematico si potrà invertire il trend dell’emigrazione dei medici e garantire un Servizio Sanitario Nazionale sostenibile e di alta qualità per tutti i cittadini italiani.