Tra sostenibilità e innovazione

Conquiste del Lavoro MAGAZINE – Anno 2025 – 24 Giugno
A colloquio con l’ingegner Paolo Sormani, Amministratore Delegato e Direttore Generale della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico
Ingegner Sormani, come commenta la sua recente riconferma alla guida del Policlinico Campus Bio-Medico per un altro triennio?
È un segno di fiducia di cui sono profondamente grato e, al tempo stesso, una grande responsabilità. Nel corso degli anni abbiamo cercato di rendere sempre più concreto il nostro impegno, con l’obiettivo di unire scienza e attenzione alla persona, tecnologia e prossimità, cura e ricerca.
Da dove ripartirà in questo suo rinnovato incarico?
La Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico è oggi un presidio sanitario e scientifico che ha saputo crescere mantenendo intatta la propria identità, saldamente radicata in una visione che mette al centro la dignità dell’essere umano. Grazie al contributo degli oltre 1.900 colleghi, continueremo a promuovere qualità dell’assistenza medica a favore dei più fragili. È da qui che riparte il nostro lavoro.
La Regione Lazio è alle prese con la riorganizzazione della rete ospedaliera e territoriale. Qual è la vostra proposta concreta per una sanità più accessibile ed efficiente?
Il nostro contributo parte da un dato di fatto: l’eccel lenza non è solo qualità clinica, ma capacità di essere vicini ai bisogni reali delle persone. Per questo proponiamo un modello integrato di assistenza e innovazione, promuovendo l’equità nell’accesso alle cure e alle diagnosi e il ricorso alle migliori tecnologie disponibili per tutti i pazienti.
In cosa consiste tale modello?
Segue il paradigma cosiddetto Hub & Spoke, ovvero il Policlinico di Trigoria nel ruolo di perno centrale e una serie di centri medici, periferici e specialistici, connessi tra loro in base al principio delle reti cliniche integrate. È il caso dei nostri Medical Center di Porta Pinciana nel cuore di Roma e di via Longoni nel quartiere prenestino e del Centro di cure palliative “Insieme nella cura”. Dal 2021, inoltre, con l’attivazione del Pronto Soccorso, siamo entrati nelle reti tempo-dipendenti della Regione Lazio, per garantire cure tempestive per tutte le emergenze e le patologie.
In questo senso, qual è il rapporto con la Regione?
È sempre orientato alla collaborazione, grazie al dialogo e alla condivisione di strumenti e obiettivi. Soltanto attraverso uno sforzo comune, infatti, potremo garantire continuità assistenziale, lavorare al potenziamento della medicina territoriale e rispondere insieme alle grandi sfide della sanità contemporanea, come cronicità, comorbidità e invecchiamento della popolazione.
Come si declina per voi il concetto di sostenibilità e in che modo un modello privato ma no profit come il vostro consente di coniugare efficienza e accessibilità?
Per noi sostenibilità significa assumerci una responsabilità a 360 gradi: economica, ambientale e sociale. La nostra natura no profit ci consente di reinvestire ogni risorsa nella qualità delle cure, nell’innovazione e nell’accessibilità, con iniziative come la Tariffa Amica, numerose collaborazioni e attività di sensibilizzazione sul territorio e gli Open Day con cui offriamo alla cittadinanza visite specialistiche ed esami gratuiti. Tutti progetti pensati per andare incontro anche a chi, altrimenti, resterebbe ai margini.
Quanta importanza riveste dunque per voi l’aspetto sociale?
È al centro di ogni strategia di sviluppo. Penso appunto al ruolo sempre crescente di Tariffa Amica, l’iniziativa di privato sociale che consente di prenotare e svolgere visite a tariffe agevolate presso le nostre strutture, garantendo velocità di accesso, riduzione dei tempi di attesa e qualità dei percorsi terapeutici. Si tratta di prestazioni prenotabili direttamente online e che comprendono esami specialistici e strumentali, diagnostica per immagini e pacchetti dedicati alla prevenzione, aspetto questo in cui crediamo molto.
A chi si rivolge in particolare questa iniziativa?
Alle famiglie, ma anche ai lavoratori e ai giovani. L’abbiamo attivata con l’obiettivo di ampliare la fascia di popolazione che decide di scegliere il nostro modello di cura. È questa l’idea di sanità che cerchiamo di perseguire: solidale e pensata per affiancare il SSN, non per sostituirlo.
E sul piano ambientale cosa fate?
Siamo impegnati in particolare nel progetto Green Hospital, con un team dedicato alla transizione verde: dall’efficienza energetica alla riduzione delle emissioni, passando per una gestione responsabile dei rifiuti e delle risorse idriche. Tutte iniziative di cui abbiamo dato conto nel nostro primo Bilancio di Sostenibilità presentato il 19 giugno. Felici di aver promosso un evento pubblico nel centro di Roma, occasione di confronto e dialogo con i rappresentanti delle istituzioni, dell’accademia, del mondo della sanità e dell’impresa.
Nel vostro modello sanitario, come si concilia il progresso tecnologico con la centralità della persona e la cura integrale del paziente?
La tecnologia è uno strumento fondamentale, ma non un fine. In questo senso, non deve esserci contrasto: progresso e centralità della persona sono due dimensioni che si rafforzano reciprocamente. La sfida è l’in novazione, non confinata nelle aule di ricerca e nei laboratori, ma che arrivi fino ai reparti e all’interno degli ambulatori per migliorare la qualità di vita del paziente.
Su cosa puntate in particolare da questo punto di vista?
Una ricerca medica di tipo traslazionale, capace di trasformare le scoperte scientifiche in soluzioni innovative e applicabili. È la logica che ci guida anche nel percorso di accreditamento come IRCCS nella disciplina delle patologie dell’apparato locomotore in cui siamo attualmente impegnati. Chirurgia robotica, medicina nucleare e IA applicata alla diagnosi, sono solo alcune delle tecnologie su cui stiamo investendo: leve in grado di diventare ancor più potenti quando gestite da professionisti formati non solo a curare, ma – più profondamente – a prendersi cura.
Come state formando, quindi, i medici e i professionisti del futuro affinché siano capaci di integrare competenze scientifiche e umane con l’uso di nuove tecnologie?
Lo facciamo grazie alla forte integrazione con l’Università Campus Bio-Medico di Roma, che ci rende un vero e proprio teaching hospital dove cura, formazione e ricerca non solo convivono, ma si alimentano a vicenda. In questo contesto, ogni giovane professionista cresce a stretto contatto con chi ogni giorno è al fianco dei pazienti e impara sul campo che la competenza clinica non è mai separata dalla relazione – con il malato, con la sua famiglia, con i colleghi – e che questo rappresenta il primo atto di cura. Pertanto, la nostra missione è di formare professionisti del futuro altamente qualificati e capaci di unire rigore professionale e sensibilità etica.
Come conciliate un modello manageriale efficiente con un’organizzazione che punta a “prendersi cura” dal punto di vista umano, relazionale e spirituale?
La nostra sfida quotidiana: non separare la sostenibilità dall’in novazione, l’efficienza dalla prossimità, l’efficacia dalla gentilezza. Il nostro modello organizzativo si fonda su processi chiari, obiettivi misurabili e un orientamento continuo al miglioramento. Siamo accreditati presso la Joint Commission International (JCI) come Academic Hospital. L’attività sanitaria, didattica e di ricerca, svolta all’interno della struttura, rispetta più di 1.000 elementi misurabili di qualità e sicurezza riconosciuti a livello mondiale. Ma la nostra cultura – quella che ispira ogni scelta – è radicata in un concetto di cura che è anche relazione, ascolto ed empatia. Una visione che ci guida fin dalle origini, ispirata dal beato Álvaro del Portillo, e che ha portato alla nascita della nostra istituzione, ormai oltre trent’anni fa. Un sogno che oggi vive nel lavoro quotidiano di chi sceglie un’idea di scienza capace di non lasciare mai indietro l’uomo.