“Neet” – “Non Neet” È questo il problema?

Conquiste del Lavoro – Anno 2023 – 20 Maggio
In Italia la percentuale di giovani che han- no abbandonato precocemente gli studi, ottenendo al massimo la licenza media e decidendo poi di non frequentare la scuola superiore o altri percorsi di formazione, è del 12,7 per cento. Il numero di Early le- avers from education (Elet) è di tre punti più alto rispetto alla media europea. Trattasi di 517 mila ragazzi e ragazze. Una prevalenza dei maschi (14,8 per cento) rispetto alle femmine (10,5), e un consistente e purtroppo non inedito divario territoriale tra sud e isole ( 16,6 per cento), nord (10,7) e centro (9,8). Di questi Elet solo uno su tre, una volta abbandonato il sistema scolastico, trova la- voro. Ecco come nascono i Neet (Neither in employment nor in education and training), ovvero giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano, in una percentuale (23,1) che è molto più alta rispetto alla media UE (13,1), con l’Italia in ultima posizione, staccata dalla Grecia (17,3) e dalla Spagna (14,1) in questa scoraggiante graduatoria dei più scarsi. Neet anche nelle differenze di genere. Le giovani donne con maggiori probabilità dei maschi di non avere un lavoro e un percorso di istruzione o formazione: tra di loro il tasso di NEET raggiunge il 25%, contro il 21,1% degli uomini. Anche l’essere straniero influisce sulla probabilità di essere NEET: nel 2020 la percentuale raggiungeva il 35,2% tra gli stranieri residenti di età tra i 15 e i 29 anni. Il PNRR affronta la questione. Sul totale delle risorse del piano, gli interventi mirati ai giovani rappresentano circa l’11,5% (€21,9 miliardi circa), mentre il 13,2 % (€ 25,6 miliardi) riguardano misure che potranno avere riflessi positivi anche se indiretti. Altro cruciale problema, la fuga di cervelli. Certificazione arrivata dall’Istat, durante l’evento ‘Italia 2023: Persone, Lavoro, Impresa’, dove sono state divulgate le statistiche sui giovani immigrati ed emigrati. Negli ultimi dieci anni, ne abbiamo persi 239 mila; di questi, 79 mila erano in possesso al massimo della licenza media, 86 mila avevano conseguito il diploma e 74 mila erano invece arrivati alla laurea. Nel giro di sette anni, l’Ita lia ha perso 1 milione e 800mila abitanti quasi quanto Milano e Genova messe insieme. Tra il 2011 e il 2020, sono espatriati circa 321 mila giovani tra i 25 e i 34 anni. Numeri che devono far riflettere, se si vuole recuperare competitività. Da una parte, bisogna rimuovere l’insicurezza di questa condizione giovanile, attraverso l’inclusione nei processi formativi e lavorativi. Dall’al tra puntare sull’aumento delle immatricolazioni universitarie, incentivando i giovani già formati dal nostro sistema di istruzione a rimanere, al netto di evitare le facili assunzioni per “decreto”, con il rischio di demotivare un’altra parte importante del paese, i “non neet”. Il messaggio sbagliato, che non vale la pena studiare e sacrificarsi per anni, favorirebbe quella fuga di cervelli, altro annoso dilemma, che l’Italia non può più permettersi.